Emiliano Malagoli, classe '75, presidente della Onlus Di.Di. Diversamente Disabili, motociclista con disabilità, pilota motociclismo paralimpico. Da sempre appassionato di moto, Emiliano Malagoli nel luglio 2011 perde la gamba destra a seguito di una scivolata in moto. La redazione di Abili a proteggere lo ha intervistato il 6 maggio per parlare di disabilità, dei progetti dell'associazione, ma anche di prevenzione, formazione ed emergenze. Di seguito l'intervista a Emiliano Malagoli, disponibile nella versione integrale e sottotitolata sul nostro canale youtube Abili a proteggere.
Dopo l’incidente, da dove nasce la spinta per reagire?
Posso dire che un evento apparentemente negativo ha reso la mia vita la più bella vita che avrei mai pensato di vivere. Questo per dire che non conta cosa accade nella vita, non è tanto importante cosa accade, ma come reagisci a quello che ti accade. Una cosa che sembrava difficile, una montagna da scalare, si è rivelata la cosa che mi ha permesso di assumere quella consapevolezza, quelle motivazioni, quella forza interiore che prima non avevo. Perciò spesso quando racconto la mia esperienza, le persone fanno fatica a capire che non vorrei tornare ad avere la mia gamba, perché mi porterebbe a tornare ad essere la persona che ero prima. Perciò se per cambiare la mia visione sulla vita e sul futuro doveva accadermi questo va benissimo così.
Nel 2013 fondi la Onlus Di.Di.Diversamente Disabili. Quale l'obiettivo di questa associazione?
La mission dell'associazione è molto ambiziosa: regalare sogni agli altri. Prima dell'incidente sono stato molto focalizzato su me stesso e quando mi sono accorto che fare del bene fa stare bene, prima di tutto noi stessi, come quando facciamo un regalo certe volte siamo più felici noi di chi lo riceve, ho deciso di iniziare a regalare sogni agli altri. Con la Di.Di. usiamo il mezzo moto, ma per un discorso a 360 gradi stare in sella alla moto è un po' come tornare in sella alla vita: ragazzi che hanno la passione per le due ruote, che vogliono continuare a inseguire i propri sogni, tornando in moto riprendono autostima e iniziano a pensare di poter fare tantissime cose che pensavano di non poter fare più. Qualcuno dice che è troppo pericoloso o estremo, ma quando riesci a raggiungere un grande obiettivo, intraprendi quelli intermedi quasi automaticamente, perciò ambire ad un traguardo arduo innanzitutto ti fa dare il massimo di te stesso e poi ti permette di metterti in gioco. È una reazione a catena e perciò l'obiettivo di Di.Di. è rimettere in moto i ragazzi per rimetterli in sella alla vita, tramite gare e corsi in pista, ma anche dal punto di vista sociale, dare la possibilità ad un ragazzo disabile di tornare a prendere una patente per guidare in strada, riprendere la libertà di movimento, la sua mobilità, sentirsi e rifare le stesse cose di prima.
Poi ci occupiamo di educazione stradale nelle scuole. In questo periodo stiamo intraprendendo un percorso online, che ci ha fatto incontrare in due mesi 4.000 ragazzi in oltre 60 scuole, perché il messaggio di ragazzi che si sono fatti male in strada è molto potente per aprire la mente ai giovani che si apprestano a guidare uno scooter o a prendere la patente di una moto o di una macchina. Perciò è fondamentale l'educazione. Anch'io pensavo che a me non sarebbe mai accaduto e questo è l'errore che facciamo tutti, accade sempre gli altri. Mettere a disposizione la mia esperienza per gli altri mi rende molto felice, come andare negli ospedali ad organizzare giornate di moto terapia. Siamo andati recentemente al Gemelli e abbiamo fatto salire i ragazzi sulle moto elettriche, sui quad, per vivere qualche ora in modo diverso, pensando che invece di aspettare il medico o l'infermiere che ti porta la flebo arrivano i ragazzi con le moto. Queste sono le cose che adesso mi rendono estremamente felice e soddisfatto della mia vita.
Un'altra grande sfida è stata la maratona di New York con Annalisa Minetti. Da questa esperienza è nato il libro "Continua a correre" e un docufilm.
Il mio incidente mi ha fatto vivere due emozioni distanti, ma vicine: l'emozione della morte e della vita. L'emozione della morte mi ha dato la possibilità di guardarmi indietro e vedere tutti i miei errori, ciò che mi ero perso o che avevo dato per scontato. Mentre l'emozione della vita mi permesso di avere una visuale totalmente diversa sulla vita che avrei voluto in futuro e sul cambiamento che avrei voluto fare. Non ho fatto altro che mettere le idee del passato e del futuro in un libro che ripercorre nel bene e nel male chi è Emiliano, anche nei momenti difficili, perché nella vita i momenti difficili ce l'abbiamo tutti grandi o piccoli che siano, l'importante è assumersi le responsabilità di quello che accade.
Poi c'è il film, uscito insieme al libro: "50mila passi" che posso riassumere in una metafora di vita. L'idea è nata da Michelangelo Gratton, regista del film, quando gli parlai di voler partecipare alla maratona di New York. 50 mila passi sono quelli che ho percorso per fare 42 km e per fare 50 mila passi ci vuole impegno, dedizione, costanza perché per arrivare a 50mila passi devi passare per 10, 100, 1.000, 10.000 e la vita è la stessa cosa. Per arrivare ai tuoi obiettivi, ti devi impegnare ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.
Hai mai vissuto un'emergenza? Sapresti come comportarti?
Fortunatamente non mi sono mai trovato in queste situazioni. A mio avviso sarebbe fondamentale preparare le persone sin da bambini ad affrontare e gestire le emergenze che possono accadere. Come noi promuoviamo l'educazione stradale nelle scuole, sarebbe importantissimo che in tutte le scuole italiane venissero fornite a livello didattico informazioni su come comportarsi in caso di emergenza, per evitare che ci si faccia prendere dal panico e non fare la cosa giusta. Quindi investire nella formazione è fondamentale perché in caso di rischio improvviso non sappiamo mai quale è il comportamento giusto da adottare. Come abbiamo visto in passato, in caso di terremoti o alluvioni, le prime persone ad aiutare, insieme alla protezione civile, ai vigili del fuoco, sono proprio le persone normali che vanno ad aiutare sul posto chi ha bisogno, perciò formare tutti i cittadini su come comportarsi sin da subito e assistere chi è vicino può risultare utilissimo: diffondiamo la cultura di protezione civile.
Per concludere, spesso le persone non fanno distinzione fra disabilità ed handicap. La disabilità: nel mio caso mi manca una gamba, è un dato di fatto, invece l'handicap è la possibilità o meno di fare le cose senza una gamba. Sulla disabilità non possiamo fare nulla, se non per esempio prevenzione sugli incidenti stradali, ma sull'abbassare la soglia dell'handicap possiamo lavorare. Per esempio, se io mi trovo a dover salire una scala, in quel caso l'handicap è l'impossibilità di salire la scala, ma se creiamo uno scivolo io sono una persona normale, non ho più quell'handicap. Perciò se si abbassa l'handicap si abbassa anche la situazione di disabilità.
Ringraziamo Emiliano Malagoli per l'entusiasmo, il desiderio di raccontarsi ed il tempo che ci ha regalato.
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Foto: Disabili.com e Diversamente Disabili