L'intervista a Carmine Lizza, responsabile nazionale ANPAS Protezione Civile, divisa in due video, è incentrata sui valori fondanti dell'Anpas, sulla necessità di coinvolgere i cittadini nelle attività di protezione civile, sul tema della disabilità in emergenza e su come ANPAS riesce ad includere le differenti tipologie di disabilità grazie anche ad un volontariato inclusivo. Nell'articolo è presente un estratto dell'intervista, visionabile integralmente sul nostro canale Youtube.
Oggi siamo al 53esimo congresso nazionale dell'Anpas. Il titolo di questo congresso è "Dare valore".
Abbiamo scelto questo titolo perché viviamo in un periodo molto particolare dove i valori più importanti, che sono legati alla condizione umana in generale, stanno venendo meno: la solidarietà, l'attenzione per i bisogni, per le categorie fragili. Il congresso 2018 vuole segnare il passo su questi temi cioè vuole dare valore, vuole quantificare, vuole far capire quanto sia importante dedicarsi a queste tematiche ed è fondamentale in questa fase ritornare a quelli che erano i valori di un tempo, quelli fondanti. Stiamo vivendo un momento particolare con i migranti, con le nuove povertà, con la vulnerabilità del territorio, dei rischi e quindi dare valore a tutto tondo significa far comprendere, e anche ricordare a noi stessi, quanto è importante approfondire certe tematiche. Il congresso dovrebbe dare uno spunto ed una forza in più per poter andare avanti.
In che modo possiamo coinvolgere i cittadini in tutte le attività che anche Anpas svolge?
Una persona che decide di iscriversi al nostro sistema, al sistema di protezione civile, al mondo dell'Anpas è una persona che decide di far parte di una categoria di individui, che lavorano per la gente, ma soprattutto con la gente, compiendo azioni che vengono dal basso e vengono diversificate sui vari ambiti che abbiamo toccato prima. La prima cosa che bisogna fare è essere consapevoli, un cittadino informato nel campo dei rischi della protezione civile è un cittadino che si pone dei problemi e cerca di risolverli, i problemi li deve sentire propri e noi possiamo trovare insieme la soluzione per poterli superare. Quindi bisogna conoscere dove si vive, se per esempio in una zona sismica oppure no, se la propria casa ha le caratteristiche per poter superare eventuali crisi sismiche, che storicamente sono molto caratteristiche di quel territorio; conoscere i comportamenti base per potersi salvaguardare, per poter guardare la propria vita e la vita dei propri cari, conoscere il piano di protezione civile. Oggi il piano di protezione civile non deve essere più un esercizio fatto da un tecnico, ma deve essere la sintesi di un percorso di sicurezza, fatto tra istituzioni, ambiente tecnico-scientifico e i cittadini, perché il cittadino deve essere consapevole delle cose che possono accadere e di come fare per superarle. Noi abbiamo partecipato in maniera molto attiva al nuovo codice della protezione civile e il piano di protezione civile deve avere anche delle caratteristiche e dare quelle intuizioni per fare degli interventi di tipo strutturale per ridurre il rischio, ed è quindi anche un documento di programmazione di attività strutturali.
Nelle tante emergenze di questo Paese in cui voi siete attori principali e fate parte del Sistema di protezione civile, hai riscontrato criticità particolari in merito al soccorso e all'assistenza di persone con disabilità e hai vissuto esperienze positive?
Assolutamente sì, siamo organizzati e dedichiamo una parte del nostro intervento e delle nostre energie anche alle persone che noi definiamo persone fragili, perché ci sono persone con disabilità 365 giorni all'anno e ci sono persone che hanno una disabilità momentanea. Il crollo di un'abitazione può provocare un danno alla gamba ad esempio, e quindi in quel momento diventi una persona inabile, vulnerabile insieme alle persone anziane, ai ragazzi, agli extracomunitari e a tutti quelli che hanno bisogno di un'attenzione particolare. Per venire incontro alle esigenze diversificate, abbiamo attrezzato i nostri campi per permettere la mobilità, con le passerelle attrezzate, i bagni e docce dedicati. Abbiamo, inoltre, formato circa 500 operatori per le categorie fragili, che si mettono a disposizione nella fase di emergenza per dare un sostegno particolare, fisico e non solo, alle persone perché noi riteniamo che le persone fragili devono stare all'interno del campo e non essere allontanate in strutture protette, perchè devono cercare di fare una vita normale. Per noi il campo è il punto del soccorso iniziale, ma anche il punto fondamentale dove far ripartire la resilienza, dove far ripartire i quartieri sociali e quindi non è possibile che le persone con disabilità che fanno parte di una comunità debbano essere allontanate da questi campi, escluse, ma devono vivere insieme agli altri e allora il nostro compito è quello di rendere il più agevole possibile la loro permanenza all'interno di queste strutture. Su questo siamo abbastanza organizzati e stiamo lavorando tantissimo. Quello che riscontriamo oggi come criticità e su cui dovremo lavorare è che nella fase del superamento dell'emergenza questa attenzione viene meno. Non esistono ad oggi, salvo rarissime eccezioni, nelle aree delle casette di emergenza per capirci, delle strutture fisiche, ma anche delle strutture fatte di persone, capaci di abbattere, di mitigare quelle che sono le problematiche legate alle persone fragili. Noi stiamo lavorando molto su questo, è uno dei nostri obiettivi per il prossimo quadriennio, perché ci siamo resi conto che sulla fase della prevenzione stiamo lavorando, sulla fase dell'emergenza siamo piuttosto bravi in Italia, sulla fase del superamento dell'emergenza c'è da fare tanto e dovrà essere una di quelle fasi da attenzionare nei prossimi anni.
In che modo le persone con disabilità potrebbero entrare a far parte delle attività di rete nazionale di ANPAS?
Non abbiamo nessun tipo di limitazione alle nostre attività, facciamo volontariato inclusivo, non abbiamo il mito del supereroe, del super palestrato, oppure dell'acrobata. Quindi anche durante la selezione facciamo dei corsi di formazione importanti, come la cascata formativa: il nostro fiore all'occhiello è la selezione. Non selezioniamo i volontari, ma li indirizziamo verso un percorso più consono alle proprie caratteristiche e queste caratteristiche sono anche quelle fisiche chiaramente, potenziando le abilità della persona, allora ci sarà chi magari si calerà nei cunicoli a tirare fuori, insieme ai Vigili del fuoco, le persone che hanno avuto la sfortuna di andare sotto le macerie, ma ci saranno le persone che organizzano una segreteria di campo, la segreteria dei volontari, quindi non abbiamo nessun tipo di limitazione anzi, siamo inclusivi, i nostri campi sono aperti tanto alla popolazione quanto ai volontari. È chiaro che un minimo di formazione di base va fatta, uguale per tutti, e poi ciascuno per le proprie competenze sul ruolo specifico: includiamo.
L'intervista è disponibile nella versione integrale e sottotitolata sul nostro canale youtube Abili a proteggere.
Niente di Speciale è la sezione del sito dedicato alle interviste della redazione Abili a proteggere, perché non esistono bisogni speciali ma specifiche necessità.
Ringraziamo Carmine Lizza per la disponibilità e collaborazione dimostrate.
Link utili: Anpas