La redazione di Abili a proteggere ha incontrato a Roma il giornalista e scrittore Gian Antonio Stella, per ascoltare il punto di vista di chi, da anni, affronta temi spinosi ed importanti quali l'accessibilità, la disabilità, l'emarginazione sociale, l'inserimento lavorativo dei disabili. Pubblichiamo alcuni punti focali dell'intervista.
Negli ultimi anni si è passati dalla parola handicappato a diversamente abile.
Questa è una cosa che non mi tocca, non mi ha mai toccato, non mi toccherà mai. So bene che le parole hanno un senso però tra portatori di handicap o diversamente abili, la cosa più importante è come vivi con queste persone, il tipo di rispetto che hai verso di loro, però tra l'uso della parola cieco o non vedente secondo me è più importante qualcos'altro.
Durante le situazioni critiche come possono essere i terremoti le persone disabili rispondono in maniera differente e necessitano anche di un soccorso diversificato da parte dei soccorritori.
Una persona rimasta sotto le macerie, e che per fortuna si è salvata, è un collega, che durante il terremoto di Amatrice aveva una gamba ingessata ed era col piede alto a letto al primo piano. Questo solo piccolo episodio che ho visto da vicino evidenzia quali siano i problemi sia al momento dell'emergenza sia dopo.
Il Dipartimento della protezione civile porta avanti da 6 anni "Io non rischio", la campagna nazionale di comunicazione che promuove le buone pratiche da adottare e mantenere prima, durante e dopo un evento catastrofico.
È una tesi che fa parte di un disegno complessivo che dovrebbe riguardare tutta l'Italia. Bisognerebbe prevedere la possibilità che arrivino i terremoti e quindi agire di conseguenza. L'idea di essere a rischio ci dovrebbe essere perché possono essere presi degli accorgimenti nel caso dell'emergenza.
Cosa può essere fatto per far conoscere alle persone disabili e ai loro familiari quali sono i rischi che ci sono nel nostro territorio?
Va moltiplicato uno sforzo che deve riguardare tutti. Un Paese come il nostro deve tener conto di questo anche nella costruzione delle case. Abbiamo un patrimonio antico, molto bello e fragile che va tutelato, bisogna tenere conto di queste cose prima. In questo senso l'operazione della protezione civile di diffondere questa cultura di massa, approfondendo soprattutto nei casi di disabilità, mi sembra doverosa, encomiabile e giusta.
Spesso nei suoi articoli pone l'accento sull'accessibilità. La mancanza di infrastrutture sul nostro suolo totalmente accessibili può pregiudicare la buona riuscita delle operazioni in un contesto emergenziale?
Non c'è dubbio, occorre una svolta culturale nel nostro Paese perché ci sono ancora troppe barriere. Venezia è un caso a parte, una città antica dove per secoli nessuno si è posto il problema dei disabili. Se una persona aveva un figlio disabile lo teneva in casa e non usciva più. Era sepolto finché morte non arrivava. Adesso non è più così, è per questo che io ero furibondo con l'architetto Calatrava, che non solo a Venezia e stato accusato di non tener conto dei disabili. Capisco che non puoi rifare il ponte di Rialto o altri ponti importanti di Venezia perché non puoi distruggere cose a volte bellissime, però se fai un ponte nuovo, c'è una legge che ti impone che il ponte deve essere alla portata dei disabili, non rispettare questa legge è stato davvero scandaloso e lo è ogni volta che ancora oggi qualcuno costruisce una casa e ci mette dei gradini senza neppure porsi il problema dei disabili.
La redazione di Abili a proteggere ringrazia Gian Antonio Stella per il tempo e la disponibilità e per porre all'attenzione dei suoi lettori temi spesso dimenticati.
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