La redazione di Abili a proteggere ha intervistato il 17 febbraio l'avv. Silvia Assennato, esperta in diritto della sicurezza sociale con particolare riferimento all’assistenza e al diritto antidiscriminatorio. Da diversi anni si impegna in qualità di esperta e relatrice in convegni e congressi in materia di ambiente, sicurezza e gestione della privacy.
Tra i temi affrontati insieme all'avvocato Silvia Assennato: la formazione per consentire l'autosoccorso, il diritto della disabilità, la privacy, l'autosegnalazione per la sicurezza in emergenza, il ruolo del Disability Manager e i diritti civili.
Di seguito l'intervista a Silvia Assennato, disponibile in formato integrale e sottotitolata sul nostro canale YouTube Abili a proteggere.
Come ha messo a servizio delle persone con disabilità la sua professione?
Tenendo conto che sono un avvocato previdenzialista che si occupa principalmente dei diritti sociali e previdenziali delle persone e in particolare delle persone disabili e a prescindere dalla nostra presenza quotidiana in tribunale, quello che ci interessa fare è anche fare informazione, facendo emergere quelli che sono i cosiddetti diritti inespressi. È necessario, quindi, che le persone siano a conoscenza del fatto che esiste la possibilità di essere tutelati anche in situazioni di emergenza e quali siano le strutture e le situazioni cui potersi rivolgere in autonomia o attraverso le associazioni o i propri rappresentanti. Questo elemento ci ha portato a discutere e ad essere coinvolti nell'ambito della gestione dell'emergenza a livello legale perché, tranne le situazioni contingenti, quasi mai un’emergenza, di qualunque tipo, sospende lo stato di diritto. Ci sono sempre delle norme cui fare riferimento e quindi è importante che le persone sappiano che queste norme esistono e che ci sono dei professionisti che sono in grado di informarli e di tutelarli in tutte le sedi possibili.
Come è nata l'idea di un manuale della disabilità?
Ci siamo resi conto che il settore del diritto della disabilità, che tecnicamente non esiste in Italia, era un mondo abbastanza sconnesso, quindi volevamo dare, come base di partenza, gli strumenti relativi alle diverse tipologie non solo di tutela, ma anche di situazioni in cui si può trovare una persona con disabilità, come tutte le altre che vivono in questo mondo, quindi quello che cambia sono gli strumenti per poter fronteggiare le varie situazioni. L'idea del libro è nata per fornire uno strumento globale. Perché le norme sulla disabilità sono sostanzialmente disperse in diversi testi normativi? Perché in realtà le politiche per la disabilità sono dominate ancora oggi da una visione di tipo finanziario e dal necessario reperimento dei fondi. Si sentiva in effetti come idea di base del libro la necessità di delineare gli strumenti che abbiamo a disposizione e anche per funzionare come stimolo nei confronti sia del legislatore ai vari livelli, che per poter trovare dei fondi. Quello che è stato scritto nel manuale, pubblicato nel 2012, è in parte superato dal fatto che sono passati quasi dieci anni dalla pubblicazione e quindi anche le norme sono parzialmente cambiate e vediamo la necessità di proporre una nuova pubblicazione.
Per la pianificazione di protezione civile molti Comuni realizzano il censimento dei bisogni delle persone con disabilità grazie all'autosegnalazione. Lei concorda?
Su questo tema ho cambiato idea diverse volte nel corso degli anni, però al momento mi sembra che l'autocensimento sia ancora l'unico strumento utilizzabile a legislazione vigente, per una serie di motivi che poi forse si riuscirà a superare in una certa misura con il ragionamento. I dati sulla disabilità, quindi di natura sanitaria, sono necessari per costruire una mappa delle persone, del territorio, delle situazioni in cui è necessario intervenire. La legge sulla privacy riferisce tali dati come ultrasensibili e quindi non comunicabili, né tantomeno liberamente cedibili ad altri soggetti se non per dovere istituzionale. L'autocensimento supera il limite della legge sulla privacy perché si coinvolge direttamente la persona, spiegando le finalità e le modalità dell'intervento. Il coinvolgimento è fondamentale per smettere di considerare le persone con disabilità come meri fruitori, mentre in realtà devono loro stessi costruire. Uno strumento utile al coinvolgimento è la formazione, che favorisce attività di autosoccorso in autonomia, a chi è in grado di farlo - perché le disabilità non sono tutte uguali - o di messa in sicurezza prima dell'arrivo dei soccorsi.
L'autocensimento va guidato, ci devono essere delle modulistiche standard anche a fini di verifica successiva o preventiva, andrebbero fatti a livello centrale e poi distribuiti, non lo so, in qualche modo va studiato la questione, perché altrimenti si rischia, e ce ne sono state tante di situazioni in cui si sono fatte queste cose, magari dati sono diversi e io non riesco a intervenire nello stesso modo perché i dati che ho sono diversi e quindi il livello di intervento cambia, ma si tratta di interventi in emergenza dove livello dovrebbe essere garantito uguale sul territorio nazionale.
Quali altre strade possibili per conoscere le necessità delle persone con disabilità in tempo di pace al fine di tutelarle in emergenza?
Le emergenze si verificano in tutte le situazioni umane e quindi è importante anche la previsione di una struttura di emergenza che coinvolga le strutture lavorative delle persone disabili dipendenti o che hanno un'attività propria. La sicurezza sui luoghi di lavoro, pur essendo garantita da una serie di norme, non ultimo il decreto 81 del 2008, va integrata con una serie di figure che devono essere specialistiche, come il disability manager. Tale figura manageriale sta emergendo come collegamento tra le esigenze delle persone con disabilità, in particolare sul luogo di lavoro e nella pubblica amministrazione. Sarà, quindi, molto importante coinvolgere a livello comunale i singoli specialisti per la raccolta e per la previsione di un piano di emergenza dedicato a quella specifica situazione o promuovere una rete fra diversi datori di lavoro. Gli interventi di emergenza devono essere generalizzati, ma necessariamente personalizzati: bisogna, quindi, conoscere le necessità di tutti per poter intervenire anche nella realtà lavorativa che rappresenta un microcosmo.
Un altro intervento, e qui parliamo di un'attività molto più lunga, è quello che ci consentirebbe di fare un cambio di cultura: arrivare a considerare i diritti della disabilità come diritti civili, questo consentirebbe di svincolare la configurazione dei dati ultrasensibili, una gestione diversa della privacy e della comunicazione dei dati. L'articolo 11 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, che si occupa di emergenze, testimonia che la comunità internazionale riconosce questi diritti come diritti civili e di cittadinanza, non come meri aspetti sanitari.
Per concludere, quali sono gli strumenti? Da una parte coinvolgere le persone, le strutture in cui le persone si trovano, non solo le strutture residenziali, ma anche lavorative, come abbiamo visto, con il disability manager, ove esista, promuovere la figura del disability manager con competenze non solo manageriali, ma anche di sicurezza per le persone con disabilità e, infine, lavorare sulla consapevolezza delle persone e sul cambio di visione sulla disabilità per arrivare ai diritti civili e a leggi scritte in maniera diversa, che non dipendano esclusivamente dai profili di finanziamento della legge stessa, questi sono gli eventi fondamentali.
Niente di Speciale è la sezione del sito dedicato alle interviste della redazione Abili a proteggere, perché non esistono bisogni speciali ma specifiche necessità.
Ringraziamo l'avvocato Silvia Assennato per la disponibilità e collaborazione dimostrate.
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