Le persone disabili nelle grandi emergenze

In un mondo civile le persone disabili dovrebbero usufruire dell'opportunità di partecipare alla vita della comunità con un numero di barriere più basso possibile. Non esiste giustificazione per abbandonare questo principio nelle grandi emergenze

 

Ciò nonostante,  i disabili possono riscontrare barriere fisiche o essere soggetti a particolari difficoltà di comunicazione che impediscono loro di reagire in modo efficace nelle situazioni di crisi e negano loro la possibilità di usufruire dell'assistenza fornita alle persone non disabili.

L'intera questione di come fornire assistenza ai disabili in situazioni di emergenza è stata largamente ignorata. Il corpo di letteratura accademica sul tema rimane molto esiguo (ad es. Parr 1987, Tierney et alii 1988) e non ci sono particolari segni di rinnovo dell'impegno degli studiosi. Inoltre, raramente il tema viene dibattuto nel corso dei convegni di protezione civile. Nonostante questo, ci sono state delle iniziative utili, come la Verona Charter sui Diritti dei Disabili nei Disastri (ULSS20 Verona 2007 - vedi sotto). Nel mondo esistono alcuni centri di studio (ad es. il Centre for Disability Studies dell'Università di Leeds, Regno Unito; Hemingway e Priestley 2006, Priestley e Hemingway 2006) e sono stati pubblicati alcuni manuali di procedure esemplari (ad es. FEMA 2003). Comunque, alcuni rapporti sullo "stato dell'arte" in questo settore hanno fornito un catalogo di provvedimenti insufficienti e descrizioni di casi di assistenza fallita (CID 2004, Tady 2006, White et alii 2004).

Questo articolo cercherà di restaurare l'equilibrio e incoraggiare azioni a favore di una buona assistenza ai disabili nei disastri. Affronterà alcune delle principali questioni legate alla condizione dei disabili in situazioni di crisi generale, cercherò di rilevare i problemi e richiamare l'attenzione su alcune possibili soluzioni.

Nel contesto della protezione civile, che cosa è disabilità?

La classica visione della disabilità è quella di una persona su una sedia a rotelle che deve essere portata via con la forza fisica dalla fonte del pericolo. In realtà la questione è molto più complessa. In primo luogo, esistono tante forme di disabilità: l'elenco include paraplegia, quadriplegia, sordità, cecità e difetti visivi, malattia e ritardo mentale, danni al cervello, ictus, senilità e demenza senile, morbo di Alzheimer e, di fatto, numerose forme di dipendenza da personale, attrezzature e rifornimenti per il sostegno delle funzioni vitali. Anche se la vecchiaia non è in sé una disabilità, molte persone anziane sono deboli, mancano dell'agilità delle persone più giovani e possono essere anche malate o affette da varie condizioni cliniche.

Rispetto alla classificazione, le disabilità ricadono nelle seguenti categorie: difficoltà di mobilità, inabilità a vedere (con possibile utilizzo di cani guida), sordità, problemi di comunicazione e articolazione delle parole (come accade nelle vittime di ictus), disordini cognitivi, vari problemi medici, necessità utilizzo di sistemi di supporto delle funzioni vitali, intolleranza a sostanze chimiche o ambientali, disordini psichiatrici e attacchi di panico, e debolezza legata alla vecchiaia. Quindi l'elenco è lungo ed impressionante. Inoltre, le persone disabili possono soffrire di più di una forma di disabilità. Chiaramente, le diverse categorie dovrebbero essere associate ad un ricco elenco di provvedimenti da adottare durante le emergenze, compreso il trasporto delle persone con mobilità ridotta, l'utilizzo di mezzi specializzati di comunicazione per persone affette da difficoltà cognitive o da difetti di articolazione delle parole, utilizzo di attrezzi portatili o sostituzione di altri mezzi per chi ha bisogno di sistemi di supporto delle funzioni vitali, e sostegno psichiatrico per persone affette di problemi mentali.

I disastri possono creare discriminazioni verso le persone disabili. Ad esempio, in caso di terremoto una persona confinata su una sedia a rotelle non potrebbe rifugiarsi sotto un banco o un tavolo, né correre in strada passando dalle scale di un palazzo (Rahimi 1993, 1994). Le persone sorde, o affette da difetti visivi, potrebbero non riconoscere un pericolo o non sentire istruzioni verbali che intimino l'evacuazione (Kailes 2002). Per di più, le persone che dipendono da attrezzature elettriche (macchine per la dialisi, ventilatori, o semplicemente mezzi elettronici di comunicazione) potrebbero trovarsi in difficoltà nel caso in cui la corrente elettrica venisse a mancare durante un'emergenza. Infine, tutti i servizi offerti al pubblico generale nelle emergenze e nelle crisi (trasporto per l'evacuazione, alloggio provvisorio, assistenza morale e psicologica, ecc.) dovrebbero essere accessibili anche ai disabili.

Il problema, si nota, non è insignificante. In Toscana, il 16% della popolazione denuncia qualche forma di disabilità. Ben 54 milioni di americani e 90 milioni di indiani sono disabili (e in India la legge di base in materia di protezione civile non offre nessun provvedimento per i disabili). Ai tempi dell’Uragano Katrina sulle coste statunitensi del Golfo del Messico, ben 155.000 abitanti delle tre città di Biloxi (MS), Mobile (AL) e New Orleans (LA) furono registrati come disabili. Molti si trovarono in grave difficoltà all'arrivo dell'uragano. Infatti, poiché il 71% delle 1.330 vittime accertate dell'uragano furono persone di un’età superiore ai 60 anni, è chiaro che l'impatto del disastro sui disabili fu smisurato (Tady 2006).

Nonostante il fatto che il 19,3% della popolazione degli Stati Uniti soffra di qualche tipo di disabilità, ben l’80% dei coordinatori di emergenza consultati in una recente indagine (NCD 2005) non aveva preso in considerazione i disabili nei loro piani di emergenza. Infatti, il 57% non sapeva quante persone disabili erano registrate nella loro giurisdizione, e solo il 27% di loro aveva seguito un corso offerto dalla Federal Emergency Management Agency statunitense (FEMA) su come proteggere i disabili nei disastri. Inoltre, il problema può essere particolarmente grave se l'evento è di vaste proporzioni: ad esempio, l'11 settembre 2001 un gruppo di persone fisicamente disabili si riunì in una stanza all'ottantesimo piano del World Trade Center di New York in attesa di essere evacuate dai pompieri, ma l'edificio crollò prima che potessero essere salvate (CID 2004).

Possiamo concludere che le grandi emergenze mettono i disabili più a rischio degli altri membri della popolazione, possono intrappolarli e metterli in pericolo con l'imposizione di nuove barriere. Malgrado questo quadro negativo, non tutti vedono la situazione in maniera così sfavorevole. Per esempio, nel 1994 nella rivista Mainstream, Douglas Lathrop ha scritto che "in un certo senso i disabili che riescono a vivere con un certo livello di indipendenza sono più preparati ad affrontare le situazioni di pericolo rispetto alle persone non disabili. Essi traggono beneficio da un 'vantaggio psicologico'..." (Lathtrop 2004). E’ possibile, ma quando si verifica un disastro non possiamo e non dobbiamo lasciare tutto alle particolari abilità di sopravvivenza dei disabili. La prossima sezione è quindi dedicata alle strategie pratiche di assistenza.

Aiutare i disabili nei disastri

In una situazione di emergenza è abbastanza facile non riconoscere la natura della disabilità che una persona accusa e quindi è possibile che l'assistenza offerta sia del tipo sbagliato. Le organizzazioni che lavorano nella protezione civile sono abituate a fornire assistenza a grandi gruppi di persone, ma i disabili hanno necessità individuali che possono essere diverse da quelli dei gruppi. Infatti, assistere i disabili nei disastri significa non solo varare procedure particolari, ma anche approntare preparazioni speciali e piani fatti a misura dei loro bisogni. Purtroppo, prestare attenzione ai singoli individui nelle emergenze richiede manodopera proprio quando l'offerta è notevolmente insufficiente rispetto alla domanda. Comunque, fornire un'assistenza speciale è un modo di dimostrare che, malgrado siano portatori di handicap, i disabili sono membri della società a pieno titolo, con tutti i benefici, diritti e privilegi associati a questo.

Nella pianificazione e nella gestione delle emergenze sarebbe il momento di prendere in considerazione i problemi, i bisogni speciali e i punti di vista dei disabili. Ad esempio, seguire i piani di evacuazione richiede per lo più l'abilità di camminare, guidare, vedere e udire. Bisogna dunque adattare tali piani ai bisogni delle persone che non possono fare una o più di queste cose (Kailes 2002).

L'esperienza dei disabili nei disastri rileva certi bisogni, come ad esempio assicurare la continuità dei servizi per persone che dipendono dalla presenza dell'elettricità, del telefono, dell'acqua corrente, e di altri servizi di base. Le persone disabili hanno bisogno di sapere come cavarsela quando ci sono disordini e detriti a casa, e quali servizi di trasporto e mobilità saranno disponibili nelle situazioni di crisi. Devono inoltre essere informate su come possono rifornirsi di generi di prima necessità nelle situazioni di emergenza. Esiste anche la questione di come soddisfarei bisogni dei cani guida (FEMA 2003).

Un rapporto sui disabili nei disastri (White et alii 2004) sostiene che pochissimi dati empirici sono stati raccolti sulla questione di come evacuare i disabili in maniera efficiente e in sicurezza durante le emergenze e i disastri (vedi Kailes 2002). Inoltre, in molte situazioni manca l'integrazione e la cooperazione tra le varie organizzazioni che lavorano con i disabili e gli esponenti del settore della protezione civile che pianificano e gestiscono la risposta alle emergenze. E' importante iniziare il dialogo, perché la questione è complessa. Nessuna singola strategia è valida per tutte le disabilità. Inoltre, come assistere i disabili al meglio è una questione legata ad altre esigenze, quali l'assistenza ai gruppi alle minoranze etniche, alle ragazze madri, e a persone che hanno bisogno di farmaci speciali.

E' relativamente facile elencare i principi di base che governano l'assistenza ai disabili. In primo luogo, i servizi e le procedure dovrebbero essere disponibili ugualmente in tempi di calma e di crisi. Le comunicazioni di emergenza dovrebbero essere accessibili, comprensibili e affidabili. Le associazioni che forniscono regolarmente assistenza ai disabili dovrebbero essere coinvolte nelle attività di protezione civile e nel processo di pianificazione dell’emergenza. Dove esiste un concreto rischio di disastro, occorre approntare un apposito programma di preparazione, educazione e formazione, sia per gli esponenti della protezione civile che per i disabili beneficiari dei loro servizi. Infine, bisogna richiamare l'attenzione dei mass media sul loro potenziale ruolo come fornitori di informazione di emergenza ai disabili.

Una guida alla protezione civile scritta specificamente per i disabili (FEMA/ARC 2004) raccomanda tre azioni da compiere, se possibile. La prima è stimare il tipo e l'entità dei rischi presenti al lavoro e in casa. In secondo luogo, essi dovrebbero creare una rete di sostegno composta di almeno tre persone per ogni luogo che frequentano abitualmente. La terza azione è stimare la propria capacità di rispondere con azioni autoprotettive in caso di crisi. Per di più, per le forme di disabilità che non sono palesi, potrebbe essere utile portare una collana oppure un braccialetto che indichi la disabilità in questione. Questi sono esempi di un approccio pratico che può fare molto per aumentare la sicurezza dei disabili nelle situazioni di crisi. Comunque, questa forma di pragmatismo dipende dalla capacità e dalla volontà di sviluppare un atteggiamento positivo verso il problema nella comunità degli esponenti della protezione civile.

Conclusioni

Come notato sopra, la letteratura accademica sui disabili nei disastri è veramente scarsa (Parr 1987, Rahimi 1993, Tierney et alii 1988). Sembra che questo indichi che il problema sia ancora negletto in termini sia teorici sia pratici. Si tratta comunque chiaramente una questione di grande importanza. Nelle parole di Hemingway e Priestley (2006):-

"I disabili sono stati resi più vulnerabili verso i pericoli naturali tramite processi storici di esclusione e impoverimento. Di conseguenza, la loro esperienza dei disastri può essere più acuta e di più lunga durata rispetto alla popolazione dei non disabili. In tutto il mondo questi effetti sono accentuati nelle comunità dei poveri, dove i disabili rimangono tra i più poveri dei poveri. Inoltre, quando si verifica un disastro, i disabili riscontrano differenze di accesso all'alloggio provvisorio e al soccorso e sono spesso esclusi dalla piena partecipazione alle attività di risposta e ripristino."

L'idea che il verificarsi di un'emergenza o un disastro significhi la sospensione delle normali regole non dovrebbe risultare nella discriminazione verso i disabili in termini dell'erogazione dell'assistenza. Dovrebbe invece significare l'opposto, raddoppiando le iniziative a favore dei disabili nelle emergenze, e dando una considerazione speciale e prioritaria ai loro bisogni. Inoltre, il verificarsi di condizioni di crisi non dovrebbe offrire una scusa per violare la dignità dei disabili. E' importante considerare la categoria dei disabili nella formulazione dei piani d'emergenza. Questo è un imperativo morale ed anche una questione di semplice giustizia e uguaglianza. E' necessario sapere dove sono i disabili quando si verificano le emergenze e assicurare che i giusti servizi siano disponibili per loro. Potrebbe anche essere consigliabile un elemento di monitoraggio per assicurare che i disabili non siano soggetti a discriminazioni.

Nell'Unione Europea la pubblicazione della Carta di Verona sul Soccorso delle Persone con Disabilità in Caso di Disastro (ULSS20 Verona 2007) è una pietra miliare nel riconoscimento ufficiale dell'esistenza di un problema che deve essere affrontato. La Verona Charter segna l'apice di un progetto che ha studiato la categoria dei disabili nei disastri in vari paesi dell'Europa e ha quindi contribuito alla formulazione di un chiaro quadro del problema e delle possibili soluzioni. Nonostante una cronaca ricca di cattivi esempi (vedi NCD 2005), esiste sempre l'opportunità di migliorare la situazione. Farlo sarebbe un segno di civiltà e un'affermazione dei diritti di persone che, nonostante le loro disabilità, sono membri della società a pieno titolo e meritano di essere protette quando si verificano disastri.

 
Fonte: Blog Protezione Civile
 
 
 
Citazioni
CID 2004. Lessons Learned from the World Trade Center Disaster: Emergency Preparedness for People with Disabilities in New York. Center for Independence of the Disabled, New York (vedi http://www.cidny.org/). 
 
FEMA 2003. Disaster Preparedness for People with Disabilities. US Federal Emergency Management Agency, Washington DC (vedi www.fema.gov/library/disprepf.shtm).
 
FEMA/ARC 2004. Preparing for Disaster for People with Disabilities and Other Special Needs. US Federal Emergency Management Agency and American Red Cross Society, Washington DC, 20 pp. 
 
Hemingway, L. e M. Priestley 2006. Natural hazards, human vulnerability and disabling societies: a disaster for disabled people? Review of Disability Studies 2(3): 57-67. 
 
Kailes, J. 2002. Evacuation Preparedness: Taking Responsibility For Your Safety: A Guide For People With Disabilities and Other Activity Limitations. Center for Disability Issues and the Health Profession, Western University of Health Sciences, Pomona, California (vedi www.westernu.edu/cdihp.html). 
 
Lathrop, D. 1994. Disaster! If you have a disability, the forces of nature can be meaner to you than anyone else. But you can fight back. Be prepared. Mainstream (Nov. 1994), (vedi www.accessiblesociety.org/topics/independentliving/disaster.htm). 
 
NCD 2005. Saving Lives: Including People with Disabilities in Emergency Planning. US National Council on Disability, Washington DC (vedi http://www.ncd.gov/). 
 
Parr, A.R. 1987. Disasters and disabled persons: an examination of the safety needs of a neglected minority. Disasters 11(2): 148-159. 
 
Priestley, M. e L. Hemingway 2006. Disabled people and disaster recovery: a tale of two cities? Journal of Social Work in Disability and Rehabilitation 5(3/4): 23-42. 
 
Rahimi, M. 1993. An examination of behaviour and hazards faced by physically disabled people during the Loma Prieta earthquake. Natural Hazards 7(1): 59-82. 
 
Rahimi, M. 1994. Behavior of mobility-disabled people in earthquakes: a simulation experiment. Earthquake BSpectra 10(2): 381-401.
 
Tady, M. 2006. Disabled people left behind in emergencies. The New Standard.Tierney, K., W. Petak and H.
 
Hahn 1988. Disabled Persons and Earthquake Hazards. Monografia n. 46, Institute of Behavioral Science, Program on Environment and Behavior, University of Colorado, Boulder, Colorado.
 
ULSS20 Verona 2007. Verona Charter on the Rescue of Persons with Disabilities in Case of Disasters. ULSS no. 20, Verona, 17 pp.
 
White, G., M. Fox, J. Rowland, C. Rooney and S. Aldana 2004. Nobody Left Behind: Investigating Disaster Preparedness and Response for People with Disabilities. Lawrence, Kansas (vedi www.rtcil.org/resources.htm).